PNRR e piano sanità siciliana: inascoltate le richieste dei territori

PNRR e piano sanità siciliana: inascoltate le richieste dei territori
800 milioni dal Pnrr per la sanità siciliana: approvato il Piano per le nuove strutture della sanità territoriale da attuare in 3 anni. Ancora troppe ombre sulla sua realizzazione e rimangono non considerate le richieste dei territori.

Dopo un iter lungo e travagliato, lo scorso 9 Marzo la Commissione Salute dell’Assemblea Regionale Siciliana ha approvato il Piano operativo regionale che stabilisce la distribuzione territoriale delle strutture sanitarie finanziabili con i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

La Missione 6 del Pnrr, relativa alla Sanità, che assegna 20,23 miliardi di euro all’Italia, è finalizzata al potenziamento della medicina territoriale ed alla digitalizzazione dei servizi sanitari. Alla Sicilia sono destinati, complessivamente, 797 milioni di euro, suddivisi tra un 60% per sicurezza e sostenibilità degli ospedali, digitalizzazione e grandi apparecchiature ed un 40% per la costruzione o la riconversione di strutture ospedaliere, poliambulatoriali e di raccordo tra ospedale e territorio, allo scopo di potenziare la rete della sanità territoriale, allo stato attuale estremamente carente, generando un allentamento della pressione sui presidi ospedalieri.

 

Le funzioni delle nuove strutture

Se sulla quota di risorse relativa alla digitalizzazione dei servizi ed all’acquisto di grandi apparecchiature la programmazione e la gestione dei fondi è stata fortemente centralizzata a livello ministeriale, un margine di manovra maggiore è stato lasciato al Governo regionale rispetto alla localizzazione ed alla progettazione delle nuove strutture della sanità territoriale, per un ammontare di circa 350 milioni, ancorché sulla scorta di linee guida e standard definiti a livello centrale.

In particolare, il Piano operativo regionale, da trasmettere al Ministero che dovrà procedere alla sua validazione entro il mese di Giugno, prevede 3 tipologie di strutture (155 Case della Comunità, 44 Ospedali di Comunità e 50 Centrali Operative Territoriali), distribuite sul territorio, su base provinciale, in funzione del numero di abitanti interessati e della disponibilità di strutture esistenti da ammodernare o riconvertire o di edifici di proprietà di enti pubblici da utilizzare in comodato d’uso.

Nello specifico, secondo gli standard minimi di personale ed i modelli di funzionamento stabiliti a livello nazionale, la Centrale Operativa Territoriale svolge un ruolo di integratore e di facilitatore tra l’ospedale ed il territorio. Dispone della mappa delle disponibilità e delle soluzioni offerte dal territorio e garantisce la continuità assistenziale nel percorso del paziente, organizzando le attività post dimissione e riducendo la percentuale di nuovi ricoveri non necessari. Si dispone l’apertura di una COT ogni 100 mila abitanti o, comunque, a valenza distrettuale nei distretti con bacini di utenza maggiore. Dovranno garantire la presenza di 5-6 infermieri ed 1-2 unità di supporto.

La Casa della Comunità, invece, è il luogo fisico di prossimità e di facile individuazione dove la comunità può accedere per entrare in contatto con il sistema di assistenza sanitaria e sociosanitaria. Garantirà l’apertura di un ambulatorio con una presenza medica 24 ore su 24 anche nei festivi, oltre a quella di infermieri e specialisti. Le prestazioni ambulatoriali, le attività di prevenzione e di assistenza domiciliare ordinarie saranno garantite a turno da 30-35 medici di medicina generale, per 2 ore a settimana ciascuno, nell’ambito delle attività di 10-15 ambulatori aperti 12 ore al giorno, 6 giorni su 7, affiancati da 8-12 infermieri di famiglia e comunità, supportati da 5-8 unità di personale tecnico ed amministrativo.

L’Ospedale di Comunità, infine, è una struttura sanitaria di ricovero breve che afferisce alla rete di offerta dell’assistenza territoriale e svolge una funzione intermedia tra il domicilio e il ricovero ospedaliero, con la finalità di evitare ricoveri ospedalieri impropri o di favorire dimissioni protette in luoghi più idonei al prevalere di fabbisogni socio sanitari, di stabilizzazione clinica, di recupero funzionale e dell’autonomia e più prossimi al domicilio. Dispone di 20 posti letto ogni 50mila – 100 mila abitanti, con la presenza di 1 medico per almeno 4 ore e mezza al giorno, 7 giorni su 7, e 10 infermieri più 2 unità di supporto sanitario ed amministrativo e 6 operatori socio-sanitari.

 

Stabilite sulla carta numero e localizzazione delle strutture, ma restano ancora molti nodi da sciogliere

Questo nuovo Piano, uscito dalla Commissione Salute dell’Ars al termine di un confronto aspro e pieno di polemiche tra il Governo Musumeci ed il Parlamento regionale, in cui i partiti si sono fatti portavoce delle istanze delle parti sociali e dei Sindaci dei territori inizialmente trascurati nella bozza predisposta in gran segreto già nel Dicembre 2021 dall’Assessore Razza, lascia trasparire come quella che avrebbe dovuto essere una consultazione pubblica ampia e trasparente circa la migliore allocazione di questa mole ingentissima di risorse, da definire sulla scorta delle esigenze e delle aspettative rappresentate dai territori e dagli abitanti che quotidianamente si approcciano ad un sistema sanitario regionale deficitario sotto molti aspetti, si sia risolta in un compromesso politico concretizzatosi in una mera elencazione di siti e strutture che rispecchiano la solita logica spartitoria dei fondi pubblici, al termine di uno scontro tra interessi politici locali contrapposti rappresentati da partiti e gruppi di interesse che da sempre considerano il sistema sanitario regionale un serbatoio fondamentale di consenso elettorale e che, alla vigilia delle elezioni regionali ed amministrative, corrono a piantare la loro bandierina nel territorio di riferimento.

 

La nuova rete della sanità territoriale pronta solo tra 3 anni, ma i territori non possono ancora aspettare

Come sempre, gli allarmi, le esigenze e le richieste provenienti dai territori, dai comitati per la salute pubblica, dalle lotte contro la chiusura dei piccoli ospedali o la soppressione dei reparti in virtù di scelte calate dall’alto esclusivamente in ragione di una visione manageriale ed aziendalistica della sanità pubblica, rimangono sullo sfondo, senza essere presi in seria considerazione.

Se, in linea di principio, è condivisibile l’intenzione di costituire e potenziare una rete di servizi sanitari di base e di presidi di medicina territoriale che permetta di affrontare in chiave preventiva le esigenze di diagnosi, cura e presa in carico delle persone, non ci si può esimere dal constatare come, a fronte di un documento programmatico allo stato esistente solo sulla carta, non si siano ancora affrontati con decisione i nodi cruciali che da anni contribuiscono a determinare il quadro drammatico della sanità siciliana con cui quotidianamente siamo costretti a confrontarci. E se alcuni di questi attengono all’implementazione dei progetti legati ai fondi europei del Pnrr Sanità, come la mancanza cronica nelle Asp di figure tecniche quali ingegneri, geometri ed amministrativi in grado di inviare correttamente le schede di intervento al Ministero e di seguire e portare a termine i procedimenti ed i progetti o la questione centrale del personale sanitario ed amministrativo da destinare alle nuove strutture, sul cui reclutamento stiamo assistendo ad un balletto di cifre, promesse ed illusioni sulla stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato per l’emergenza Covid, altri nodi da sciogliere sono, invece, relativi alle carenze attuali di personale medico ed infermieristico, alla struttura deficitaria della rete delle Guardie mediche, alla soppressione improvvisa di reparti indispensabili, ai sempre più frequenti casi di malasanità. Tutte questioni cruciali avvertite con urgenza e reclamate costantemente dai territori, rimaste inascoltate e coperte da una narrazione della sanità siciliana costellata soltanto dalle sue poche eccellenze nel campo della chirurgia o della ricerca bio-medica, spesso in mano ai privati.

Tutte questioni da affrontare e risolvere nell’immediato per scongiurare gli effetti nefasti di criticità e carenze che mettono a repentaglio la salute di tanti siciliani e siciliane che non possono attendere la realizzazione, prevista tra 3 anni, della rete di medicina territoriale finanziata con i fondi del Pnrr, la cui semplice programmazione futura è in questi giorni utilizzata per mettere a tacere le grida di allarme dei cittadini e descrivere un futuro radioso per la sanità regionale, coprendo le responsabilità politiche dell’attuale disastrosa situazione.

 

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