Raffineria di Milazzo e prescrizioni ambientali. Chi sono i nemici della Valle del Mela?
Eravamo alla fine di agosto quando a causa di uno sfiaccolamento – l’ennesimo – si riaccese la polemica sulla raffineria. Dopo qualche comunicato di sindaci e associazioni tutto tornò alla normalità. Adesso, a pochi mesi di distanza, per qualche giorno a riaccendersi è il dibattito pubblico e politico sulla raffineria e il futuro del territorio, in seguito alla ridiscussione dell’AIA (Autorizzazione integrata ambientale) e alle prescrizioni che il Ministero per la Transizione ecologica ha indicato ai vertici Ram, che a sua volta torna a minacciare la chiusura.
Tanta confusione sotto il cielo
E in queste settimane, all’apparenza, tanta è stata la confusione sotto al cielo: non si è capito da che parte stanno i sindaci e i consiglieri comunali delle città coinvolte, mentre i sindacati hanno addirittura fatto i portavoce degli industriali.
È singolare, infatti, che le organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori sostengano che le bonifiche siano possibili solo se gli impianti rimangono in funzione salvo poi strillare al pericolo della tenuta dei livelli occupazionali quando si paventano prescrizioni più impegnative per l’azienda.
La confusione, però, anche in questo caso, è subito rientrata dentro l’alveo di quella compatibilità che si trova sempre tra i tavoli e tavolini dove siedono solo i responsabili del disastro in cui viviamo.
Per questo motivo è urgente provare a fare un po’ di chiarezza tra le trame di questa questione molto più semplice (e drammatica) di quanto molti vogliano far credere.
Il gioco di Eni e del Ministero della Transizione Ecologica
Quello che sembra evidente è che Eni (non citiamo Q8 poiché non ha mai avuto nessun interesse sul polo) e il Ministero della transizione ecologica stanno giocando dalla stessa parte, come sempre. È bene ricordare quello che viene purtroppo regolarmente omesso e convenientemente dimenticato: gli interessi dello Stato e della multinazionale – partecipata per il 30% (e quindi controllata) dal Ministero dell’Economia e delle Finanze – coincidono!
Prodursi in analisi che non tengono conto di questo elemento centrale rischia di portare fuori strada e di individuare nemici che, nei fatti, non sono nient’altro che pedoni di una ben più complessa scacchiera
La mossa fatta dal Ministero presieduto da Cingolani, quindi, è solo un assist a Eni e alla società che controlla la Raffineria di Milazzo perché, come dice la stessa parlamentare Cinquestelle Floridia, in questi 20 anni la società petrolifera non ha presentato neanche un progetto che andasse nella direzione della riconversione industriale.
Perché, allora, adesso dovremmo pensare o sperare che Eni abbia voglia di investire per allungare la vita al polo? E anche se questo dovesse accadere, vogliamo veramente pensare che la soluzione sia finire come Gela, con una fantomatica raffineria verde, senza bonifiche e senza tutela dei livelli occupazionali?
Va dunque detto chiaramente, senza mezzi termini, che questo decreto e queste restrizioni sono state messe a punto non per fare gli interessi del territorio, ma solo per dare una scusa a Eni per accelerare la fuga, scaricando le responsabilità ad attori istituzionali che in questo tipo di decisioni non contano niente. Ci riferiamo ai sindacati, ai Sindaci e alla Floridia stessa.
Bonifiche e messa in sicurezza del territorio per campare!
Anche questa volta non è stata affrontata e presa di petto l’unica contraddizione da approfondire e portare alle estreme conseguenze: gli interessi dello Stato (e quindi della Raffineria) contro le necessità di chi vive e lavora nella Valle del Mela. Da un lato c’è chi vuole abbandonare dopo anni di inquinamento e morte, dall’altro il bisogno di bonifiche e messa in sicurezza dal rischio idrogeologico, di opere che attraverso l’impiego di chi lavora oggi alla raffineria e non solo ridiano salute e prospettive al territorio.
Ma qui torna ancora una volta il tema della decisione. Coloro che stanno decidendo per noi sono gli stessi che ci hanno portato a questo punto. E noi, che abbiamo subito lo strapotere della multinazionale di Stato negli ultimi 40 anni, glielo stiamo facendo fare. Ancora!
Siamo in ritardo e rischiamo di perdere anche l’ultima occasione che abbiamo per riscattarci e liberarci dal ricatto salute-lavoro e da chi è pronto a sacrificarci in nome del profitto. Ma per farlo dobbiamo anzitutto sapere riconoscere, indicare e attaccare senza paura i nostri nemici.