Ricordando la rivolta del 1848.
La rivoluzione siciliana del 1848 iniziò esattamente centosettant’anni fa, il 12 Gennaio 1848, e rappresenta uno spartiacque fondamentale, non soltanto per la storia dell’isola, ma anche per l’Europa tutta, poiché furono proprio i moti scoppiati a Palermo ad accendere la miccia di quella che passerà alla storia come la Primavera dei popoli, ovvero i primi moti rivoluzionari che segnarono l’età moderna.
A Palermo la rivoluzione siciliana nasceva chiaramente da determinate cause sociali territoriali. I Regni di Napoli e Sicilia, seppur percepiti come un’unica potenza, avevano sempre in realtà mantenuto delle istituzioni autonome, almeno sino al 1816, anno in cui nasce effettivamente il Regno delle due Sicilie, un’unica entità statale. Inoltre, terminato il processo passato alla storia come Restaurazione, che ha il suo apice nel congresso di Vienna, Federico IV di Napoli e III di Sicilia, abolì immediatamente la costituzione siciliana ottenuta nel 1812 dopo i tumulti del periodo napoleonico. Questi, insieme ad altri fattori, rappresentano alcune delle cause del malcontento popolare siciliano crescente nei confronti della dinastia borbonica regnante e che conduce alla sempre più pressante ricerca del popolo siciliano di un autogoverno territoriale. Dal 1800 in poi la Sicilia è continuamente infiammata da moti e rivolte popolari per una Sicilia autonoma e indipendente da ogni tirannia: si pensi anche soltanto ai moti del 1820-1821 o del 1837, moti nei quali il popolo insorto dichiarò l’indipendenza dell’isola, seppur poi sedata nel sangue.
Durante i giorni precedenti la rivolta del 12 Gennaio 1848 vennero distribuiti in tutta la città volantini, opuscoli e proclama che invitavano la popolazione tutta ad insorgere nel giorno della rivolta. Su uno di questi, del 9 Gennaio, si leggeva:
“Siciliani! Il tempo delle preghiere inutilmente passò, inutili le proteste, le suppliche, le pacifiche dimostrazioni. Ferdinando tutto ha spezzato. E noi popolo nato libero, ridotto fra catene e nella miseria, ardiremo ancora a riconquistare i legittimi diritti. All’armi figli della Sicilia! La forza dei popoli è onnipossente: l’unirsi dei popoli è la caduta dei re. Il giorno 12 gennaio, all’alba, segnerà l’epoca gloriosa della universale rigenerazione. […] Chi sarà mancante di mezzi ne sarà provveduto. Con questi principi il cielo seconderà la giustissima impresa. Sicilia, all’armi!”
La data per l’inizio dei moti fu scelta affinché coincidesse con il compleanno di Federico II, nato a Palermo nel 1810. A poche ore dallo scoppio dei moti, le truppe borboniche attaccarono la folla, ma furono presto messe in fuga dalla resistenza popolare, che tra l’altro si infoltì sempre di più con ribelli provenienti dalle campagne e dai capoluoghi vicini a Palermo. La sera del 12 Gennaio, con in testa Rosolino Pilo e Giuseppe La Masa, venne istituito un comitato provvisorio nell’attuale Piazza Rivoluzione, nei pressi del vecchio quartiere Fieravecchia. Il popolo aveva preso il potere.
Nei giorni immediatamente successivi le truppe regie si limitarono esclusivamente a presidiare la zona, ma il 15 Gennaio, con lo sbarco a Palermo dei rinforzi borbonici, si infiammò lo scontro nelle piazze e nelle strade: le truppe borboniche a presidio del Castello a mare spararono sulla folla, vennero bombardati i manifestanti su via Maqueda, e il 17 Gennaio una bomba incendiò il monte dei Pegni, distruggendo i seppur miseri risparmi lì conservati, che rappresentavano la totalità della ricchezza delle classi palermitane più povere.
Il comitato generale, che si era formato già alla sera del 12 Gennaio, avviò delle trattative con il generale borbonico De Majo, avanzando una serie di richieste, tra cui il ritorno alla costituzione siciliana del 1812 e un’autonomia reale che consentisse un autogoverno dell’isola. Ferdinando negò tutte le richieste. Al suo rifiuto, il comitato generale si trasformò in un nuovo Comitato generale, nel quale venne eletto Ruggero Settimo presidente e Mariano Stabile segretario. Il 25 Gennaio le forze borboniche furono costrette dalla mobilitazione popolare ad evacuare Palazzo delle Aquile e imbarcarsi alla volta di Napoli. La rivoluzione, con epicentro a Palermo, si diramava intanto in tutta l’isola, prima a Catania, poi a Messina, dove il bombardamento prolungato sulla città costerà a Ferdinando II l’appellativo di “Re Bomba”.
Il 25 Marzo 1848 venne ufficialmente dichiarata la nascita del Regno di Sicilia; all’interno della chiesa di Piazza San Domenico venne re-inaugurato il Parlamento siciliano, tornato in attività dopo oltre trent’anni. La costituzione approvata sarà poi riferimento per l’attuale statuto siciliano.
I Siciliani, popolo di rivolte e rivoluzioni, commisero però ancora una volta lo stesso errore, ovvero credere che una volta conquistata l’indipendenza da un dominatore, fosse necessario rivolgersi a qualcun altro che si occupasse del governo sull’isola. Dopo l’elezione dei ministri e di Ruggero Settimo come primo presidente del Regno di Sicilia, la conversione di una Guardia nazionale, formata da chi aveva più partecipato alle battaglie durante i moti, in un organo a garanzia della costituzione e la formazione di un esercito nazionale siciliano, il 13 Aprile del 1848 il Parlamento siciliano dichiarò quanto segue: “1. Ferdinando Borbone e la sua dinastia sono per sempre decaduti dal trono di Sicilia. 2.La Sicilia si reggerà a governo costituzionale e chiamerà al trono un principe italiano dopo che avrà riformato il suo statuto”. Il parlamento siciliano nominò per questo ruolo Ferdinando di Savoia-Genova, che però rifiuterà la corona a causa dei suoi impegni durante la guerra di indipendenza.
Il nuovo Regno di Sicilia indipendente resistette sino al maggio del 1849. La riconquista borbonica ripartì nei primi mesi del 1849 proprio da Messina, ancora una volta bombardata ad oltranza, per poi occupare Catania. Cadde infine Palermo e con lei il regno indipendente. Ferdinando II concesse l’amnistia, eccezion fatta per 43 membri del Parlamento, tra cui Ruggero Settimo, rifugiatosi a Malta. Lo Stato indipendente durò dunque 16 mesi.
La rivolta di Palermo fece scuola in Europa. Questa fu infatti la miccia per quella che passerà alla storia come la prima rivolta della storia moderna che segnerà il futuro dei nascenti stati-nazione europei: a Palermo seguiranno Napoli, le cinque giornate di Milano, Parigi, Roma, Berlino.
Per ricordare i moti del 1848, i suoi insorti e i suoi caduti – c’è una lapide affissa presso Piazza Rivoluzione a Palermo – il movimento “Unione dei Siciliani” ha dato vita ad un momento commemorativo, depositando una corona di fiori ai piedi della fontana raffigurante il Genio di Palermo, al centro della piazza. Il Presidente del nuovo movimento e vicepresidente della Regione Gaetano Armao ha affermato «il dovere da parte delle istituzioni, la politica e la società civile siciliane di valorizzare la propria storia sapendo che da quella rivoluzione scaturì la Costituzione siciliana del 1848 che ha costituto un riferimento per il nostro Statuto. Rendere onore a quegli uomini e ricordare i martiri di quei giorni è un nostro dovere che come Unione dei Siciliani ripeteremo ogni anno con la consapevolezza che lo Statuto della Regione Siciliana e la nostra autonomia speciale (per l’attuazione dei quali continuiamo ad impegnarci) sono anche figli di chi ebbe allora il coraggio di rivendicare il valore dell’autogoverno».