Le Saline di Marsala
Il paesaggio della Riserva della laguna dello Stagnone di Marsala è un luogo dal fascino raro, a tratti surreale. Suggestive piramidi di sale, mulini a vento che resistono all’incedere del tempo fanno da cornice a uno dei tramonti più belli al mondo. Questo scorcio siciliano è stato scelto dai viaggiatori, superato soltanto dal Kenya, dall’Australia e dalla Grecia.
Lo sfruttamento della zona costiera tra Trapani e Marsala risale al tempo dei Fenici che, accortisi delle condizioni estremamente favorevoli, vi crearono delle vasche per ricavare il sale, poi esportato in tutto il bacino del Mediterraneo. Da qui ha inizio l’uso di questa porzione di terra, che grazie alle sue particolari condizioni climatiche e le sue acque basse, si presta perfettamente all’estrazione del sale, elemento indipensabile nella vita dell’uomo. Da qui prende il nome il tratto di costa che si estende per 29 km ca da Trapani a Marsala: la via del Sale.
Dai Fenici si deve però poi giungere ai Normanni per avere notizie certe delle saline trapanesi. È Federico II stesso che le cita nella Costituzioni di Menfi, rendendole monopolio della corona.
Le saline di Marsala hanno rappresentato per le comunità che hanno vissuto l’area nord-occidentale della Sicilia un polo fondamentale fin dal I secolo d.C., ed oggi sono l’ultimo presidio di estrazione del sale rimasto in Sicilia.
La prima testimonianza scritta sulle saline risale al 1101, in epoca normanna, nell’isola di San Pantaleo (l’antica Mothia). A partire da quella data ci sono pervenute diverse testimonianze della loro diffusione; Salinagrande (anteriore al 1300), Salina Tavilla dello Stagnone di Marsala (1401), Salina Milo (1451), Salina Murana (1467), Salina Chiusa Grande e Salina Chiusicella (1488), Salina Alfano – Calaci – Salina della Corte e Salina Badia (1488) e così via fino ai primi del novecento. Alti e bassi si alternano nella storia economica delle saline che aumentano o diminuiscono a seconda degli eventi che colpiscono il territorio: le guerre, le epidemie, il passaggio da un dominio all’altro influiscono sulla produzione e sul commercio del sale come in qualsiasi altro campo. Ma la zona è redditizia e così l’attività, ed è per questo che essa prosegue, anche se a volte con difficoltà, fino ai giorni nostri.
“…Mentri semu ‘ncumpagnia
‘nta sta santa matinata
pi’ purtari l’armunia,
jò mi fazzu sta cantata.
Mentri cuntu li carteddi
cu sistema di salina
caminannu picciutteddi
ni scuzzamu sta dicina.
Cu stu sali di salina,
mi divertu a lu cuntari,
comu a tagghia è bedda china
semu pronti pi’ mangiari….”
Un altro aspetto legato alle saline è quello delle “Vuci di Salinaru”. I lavoratori cantavano filastrocche in siciliano, che avevano da un lato una funzione ricreativa, ma dall’altro l’importante funzione di ritmare le operazioni collettive e contabilizzare le unità di prodotto accumulato. I testi dei canti costituiscono alcuni tra i più importanti e rappresentativi canti della provincia di Trapani.
Nonostante oggi sia difficile continuare a portare avanti questa incredibile tradizione a causa dei tanti impedimenti che rendono questo lavoro sempre meno redditizio per i Salinari, e che spingono i giovani ad abbandonare il lavoro dei padri per cercare fortuna altrove, il sale continua comunque ad essere estratto. È probabilmente questo uno dei tratti più particolari delle saline di Marsala: attraverso i millenni sono riuscite a resistere, preservandosi, ai processi di tecnologizzazione che hanno annientato la maggior parte delle esperienze simili ad essa.