Scuola: i limiti del decreto salva-precari

Scuola: i limiti del decreto salva-precari

Pubblichiamo un contributo di Simona Giammillaro, docente siciliana del Comitato Non si Svuota il Sud, sul decreto salva-precari

Se tutte le lettere iniziano con un caro a cara, oggi rivolgerò l’incipit all’intera comunità scolastica per trasferire le mie perplessità riguardo alcune misure intraprese da questo Governo per “risanare” l’attuale situazione del mondo della scuola. Non si comprendono, infatti, i motivi che hanno spinto a scrivere e successivamente approvare il Decreto Salva – Precari, pubblicato nei giorni scorsi e fortemente pubblicizzato dagli esponenti di questo Governo. Come docente esiliata dalla 107 e madre ritengo indispensabile un piano di rientro per noi fuori sede che abbiamo tutto il diritto di contribuire allo sviluppo del nostro territorio, quello in cui ci siamo formati professionalmente e abbiamo potuto fare esperienza diretta, crescendo come insegnanti e come persone. Al Nord continuano a insegnare docenti del Sud. Le scuole del Meridione sono, invece, affollate da un nuovo popolo di precari, creato ad oc da Governo e Sindacati, per realizzare un nuovo processo di precarizzazione del lavoro a cui si chiede presuntuosamente stabilità. Il nuovo teatro mette in scena vecchi film con nuovi attori, a cui si fanno promesse di “sistemazione lavorativa”, portando a definire la Scuola Pubblica, Madre dell’Istruzione, Postificio.

Ma procediamo con ordine. Sono passati solo alcuni mesi dalla battaglia tra gli esponenti dell’ex governo giallo – verde sul Decreto Salva Precari. Il tanto atteso, quanto prevedibile Decreto, infine, è stato partorito dall’attuale alleanza di Governo, ovviamente non senza contenuti che lasciano il dubbio a chi li legge. Esattamente lo scorso agosto, durante una seduta parlamentare, il M5S chiedeva un irrigidimento delle prove di PAS e concorso straordinario. Tutto ciò in nome di una selezione il più possibile meritocratica, senza corsie preferenziali. Il Decreto, inoltre, prevedeva già allora, la messa al bando di numerosi posti spendibili per le immissioni in ruolo, in parte derivati da quota 100, la stessa che avrebbe dovuto garantire il rientro nei prossimi tre anni anche dei docenti esiliati dalla Legge 107 e degli Ante-Legem. Così dichiaravano proprio esponenti del Movimento.

Quell’aspra battaglia in Parlamento portò alla pubblicazione, il 28 agosto in GU, del Decreto “Salvo Intese” e alla caduta di un Governo, forse pilotata dagli stessi parlamentari che oggi si ritengono soddisfatti per le numerose migliorie apportate al medesimo Decreto. Avvolgendo il nastro, si legge che tutto doveva essere più rigido e meritocratico possibile, invece, sono state studiate corsie preferenziali e facilmente percorribili da chiunque voglia intraprendere la carriera scolastica: non più tre anni di servizio già completati, ma valutazione dell’anno in corso, negato ad esempio ai docenti di ruolo ai fini della graduatoria valida e per i trasferimenti. Non è dato poi sapere, inoltre, quanti siano realmente, soprattutto al Sud, i posti vacanti derivati dalla quota 100.

La Commissione Cultura afferma di dover risolvere la grave situazione delle supplenze e dare continuità didattica, stabilizzando i precari e non i precari storici delle GAE, ma gli aspiranti di 3^ fascia d’istituto, trasformando questo segmento in una nuova graduatoria a esaurimento, abilitata con un ultimo concorso straordinario. Ripetutamente è stato detto ai docenti fuori sede di dover attendere il proprio turno per poter rientrare, per assenza di organico, stranamente presente per le assunzioni. Allora ci chiediamo: la verità da quale parte sta? In mezzo, ci suggerisce un vecchio adagio, ossia i posti ci sono ma non si danno alla mobilità e vengono regalati ai concorsi e ai precari dell’ultima ora.

La scuola non è la vetrina dei politici; purtroppo, però, è stata trasformata nella piccola bottega degli orrori che spreme, succhia e ingurgita per la bramosia di pochi a discapito di alunni, docenti e famiglie.

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