Sicilia, blocchi stradali contro i provvedimenti dei governi
Questa mattina l’isola è stata teatro di proteste. Blocchi stradali e manifestazioni contro i provvedimenti dei governi.
Catania, Palermo e Caltanissetta. Sono queste le città in cui oggi i lavoratori ambulanti, ristoratori, commercianti e lavoratori del mondo del benessere si sono dati appuntamento per manifestare. Rivendicano la riapertura in sicurezza delle loro attività, rimaste chiuse a seguito dei provvedimenti dei governi per limitare la diffusione del contagio. Dimenticati dallo Stato italiano, senza aiuti, sussidi e contributi economici per sostenere le spese e mantenere le proprie famiglie, hanno deciso di scendere in piazza e protestare.
A Catania
La città etnea è stata simbolo delle proteste di oggi. Le associazioni di categoria dei venditori ambulanti FENAILP e FIVA CONFCOMMERCIO avevano annunciato ieri il presidio di protesta presso il Centro Direzionale ANAS sulla Tangenziale (direzione SR) dalle ore 8 alle ore 12.
Tanti stamattina – con bandiere siciliane – hanno bloccato la tangenziale, creando non pochi disagi. Per circa un’ora il tratto tra Misterbianco e San Giovanni Galermo è stato bloccato dai commercianti itineranti. A causa della protesta il sindaco di Gravina di Catania, Massimiliano Giammusso, è stato costretto a far chiudere lo svincolo di Gravina in entrata e in uscita. Il blocco infatti ha avuto ripercussione anche sulla circolazione legata alla Tangenziale.
A Palermo
Nel capoluogo siciliano – che si trova in zona rossa dal 12 aprile e lo sarà, insieme a tutta la provincia, con certezza fino al 22 – i lavoratori si sono incontrati a Piazza Indipendenza, di fronte la Presidenza della Regione Siciliana. Presenti anche gli ambulanti di Agrigento, Gangi e Caltanissetta. «Siamo qui per il lavoro. Oltre ai sussidi, vogliamo riaprire in sicurezza» – afferma Davide, un ambulante. Alla chiusura con l’arrivo di sussidi e aiuti economici ormai nessuno crede più.
I manifestanti hanno chiesto un incontro con il Presidente della Regione, Nello Musumeci, che però non si è fatto trovare in sede.
A Caltanissetta
Nella provincia nissena, zona rossa da più di un mese, ristoratori, parrucchieri e titolari di negozi si sono riuniti davanti Palazzo del Carmine e hanno esposto al sindaco Roberto Gambino e agli assessori i loro problemi dovuti alla pandemia.
«Chiediamo – dice Michele Tornatore, ristoratore – che vengano eliminate le zone a colori (gialle, arancioni e rosse) perché se siamo ancora a parlare di contagi evidentemente qualcosa non ha funzionato».
Un proprietario di un negozio di arredamento, Liborio Di Buono, spiega tutta l’insensatezza di alcuni provvedimenti attuati. Gli ultimi aiuti economici, sono stati dati in relazione al fatturato, cioè in base alla somma di scontrini e fatture emessi in un anno. «Ma è una cosa assurda – spiega – perché io potrei emetterli non guadagnando una lira e solo per fare cassa. Ciò vuol dire che magari svendo la merce che ho, non guadagno, ma lo faccio per poter pagare fornitori e utenze».
Tra le proposte dei lavoratori, c’è anche la rimodulazione delle tasse locali: l’annullamento della Tosap per il 2021, la riduzione della tassa sui rifiuti e la rateizzazione dei tributi locali del 2020.
Riapertura in sicurezza
«La soluzione non la possiamo dare noi. Noi abbiamo coinvolto il sindaco come portavoce politico, perché i nostri tempi non sono quelli della politica. Io il problema ce l’ho oggi» – aggiune Di Buono.
E come dare torto a questo lavoratore. I problemi della gente sono oggi e la politica continua a parlare di soluzioni future che, tra l’altro, vengono puntualmente disattese.
Da mesi migliaia di lavoratori sono in ginocchio, colpiti dalla schizzofrenia di chi sta gestendo l’emergenza. Autorizzati ad aprire prima e chiudere le attività dopo poco tempo, costretti a sacrificare tempo e denaro. Di fronte all’indifferenza dello Stato italiano, però, le categorie più colpite dalla crisi hanno iniziato ad alzare la testa.