Sicilia: le conseguenze dell’emergenza sull’economia
Superata la fase peggiore della pandemia, è l’ora di contare i danni – soprattutto economici – in un territorio già martoriato da anni e anni di politiche (speculative).
L’isola partiva già da una situazione sfavorevole, dovuta alla crisi del 2008 e, secondo una stima del report elaborato da Diste Consulting, adesso farà un ulteriore passo indietro, sia rispetto al PIL che al mercato del lavoro. Il report, intitolato L’economia siciliana al tempo del Covid-19: policy per sopravvivere, cerca di analizzare lo stato dell’arte e di fare qualche previsione su come si chiuderà questo 2020 in Sicilia.
Un’economia già in crisi
La pandemia è arrivata in Sicilia, colpendo un’economia che non si era ancora ripresa dalla crisi del 2008. Il Pil del 2018 era a +0,3% e del 2019 a zero. Tra il 2008 e il 2014 si è registrata una perdita di 15 punti percentuali di Pil e anche nella successiva fase di rilancio il recupero è stato molto contenuto (solo 2 punti percentuali contro un +4,9% dell’Italia). Sul fronte del lavoro, dal 2007 al 2019, si stima si siano persi 117mila posti di lavoro.
Nel mercato del lavoro, dopo le contenute variazioni del -0,3% del 2018 e del +0,1% nel 2019, registriamo, rispetto al 2007 (anno pre/recessivo), ancora un deficit di 117 mila unità lavorative.
Sparare sulla Croce Rossa
Nel report, al fine di valutare meglio le dinamiche sull’occupazione e sul valore aggiunto, il Diste ha diviso i settori produttivi in due raggruppamenti: le attività essenziali rimaste aperte e quelle sospese durante il lockdown.
Nonostante in Sicilia siano rimaste aperte più attività “essenziali” rispetto alle altre regioni, l’economia dell’isola risulta complessivamente fra le più colpite. Infatti, le attività sospese, secondo il report, hanno sofferto di più, proprio perché venivano già da 13 anni di crisi.
In generale, sembra che solo l’agricoltura e i servizi abbiamo visto posti in più, rispettivamente 4mila e 24mila; nel caso dei servizi, per lo più precari. «Il lavoro stabile è diminuito dell’1,5%, quello a termine è cresciuto del 7,1%. L’occupazione è concentrata sulle tre città principali (Palermo, Catania e Messina) e la disoccupazione è scesa al 20% solo perché molti rinunciano a cercare lavoro» – si legge nel report.
Si stima che il settore dove si sono registrate più perdite sia quello del turismo, ma anche gli altri non sono da meno. In generale si assiste a una perdita di 164mila posti di lavoro, pari a -12%, di cui 140mila solo nel settore dei servizi, per la fuoriuscita di lavoratori irregolari. La disoccupazione tornerebbe così al 24%. Si stima un calo anche nella spesa delle famiglie pari a 10mld, quindi -17%; un calo dell’export del 21%, pari a 2mld di euro e del 17% per le importazioni, pari a 2,6mld di euro.
Tutto questo era evitabile?
Qualcuno é convinto di no. Probabile. Quel che è certo è che i nostri governanti, di ieri e di oggi, hanno lasciato la nostra terra in mano a una politica estrattiva, dimostrando la totale incapacità sia di gestione dell’emergenza sia di difesa della Sicilia. Negli anni hanno saputo solo aprire le porte a speculatori, per lo più nordisti, con la promessa che avrebbero portato ricchezza.
A conti fatti, nel nostro territorio restano, invece, solo devastazione, morte e povertà. Una situazione già evidente e adesso accentuata dell’emergenza vissuta.