Spari contro pescherecci mazaresi. Lo Stato rimane in silenzio

Spari contro pescherecci mazaresi. Lo Stato rimane in silenzio
Ieri l’ennesimo caso di un peschereccio siciliano attaccato da una motovedetta libica. Dalla politica tanta solidarietà e pochi fatti; intanto lo Stato italiano si dichiara apertamente amico dei libici. E ai pescatori siciliani chi ci pensa?

Anche dopo il sequestro dei 18 pescatori siciliani, la situazione non sembra essere migliorata. Per i pescatori della Capitaneria di Mazara del Vallo andare al lavoro significa ormai rischiare la morte ogni giorno. Dal governo italiano negli ultimi mesi sono arrivati solo inviti ai pescherecci a non dirigersi troppo vicino alla Libia.

 

Gli «spari di ammonimento»

A 35 miglia nautiche dalla costa al largo di Misurata, i pescherecci della Capitaneria di Mazara del Vallo Artemide, Aliseo e Nuovo Cosimo sono diventati bersaglio di una motovedetta della Guardia Costiera libica. Stavolta c’è stato un intervento della Marina Militare italiana. Eppure, l’arrivo dei militari non ha impedito ai soldati libici di sparare contro i tre pescherecci. Nel conflitto a fuoco è rimasto ferito, a un braccio e alla testa, il comandante dell’Aliseo Giuseppe Giacalone.

Le autorità marittime libiche smentiscono di aver sparato contro i pescherecci italiani, specificando che sono stati esplosi «colpi di avvertimento in aria» per fermare imbarcazioni da pesca che, a loro dire, avrebbero sconfinato nelle loro acque territoriali.

Già nella serata tra il 2 e il 3 maggio, 6 pescherecci (tra cui i 3 attaccati ieri) erano riusciti a fuggire a un tentativo di sequestro al largo di Bengasi. Anche in quella vicenda un colpo di mitra avrebbe colpito una parte della motopesca Giuseppe Schiavone, fortunatamente senza ferire nessuno dell’equipaggio.

 

La politica amica dei libici

Per i libici lo Stato italiano dovrebbe risolvere il problema impedendo ai pescatori siciliani di spingersi troppo in là nella pesca. Il portavoce della Marina libica, Masoud Ibrahim Abdelsamad, ha affermato ieri che «gli italiani non hanno risposto ai ripetuti appelli» a intervenire per evitare simili scontri in mare.

Una volta nota la notizia, tutti i maggiori esponenti dei partiti italiani si sono espressi pubblicamente per solidarizzare coi pescatori di Mazara del Vallo. Destra e sinistra, da Lega a Italia Viva, Leu e Pd, fino al Presidente Musumeci, si sono espressi contro quanto accaduto. Nessuno di loro, però, sembra intenzionato a muovere un dito nel concreto.

Il Presidente del Consiglio Mario Draghi invece non ha proferito a riguardo. Nulla di strano, dato che la sparatoria è avvenuta giusto un mese dopo la visita del Premier italiano in Libia. Durante il suo soggiorno a Tripoli, Draghi tesseva le lodi del governo locale, affermando che i tempi sono maturi per «ricostruire l’antica amicizia tra Italia e Libia». Un’amicizia che in realtà è già ben consolidata, dato che ad aprire ieri il fuoco sui pescatori siciliani sembra essere stata una delle motovedette donate dall’Italia alla Libia nel 2018.

 

«Ci deve scappare il morto per fare intervenire il governo?»

Marco Marrone, l’armatore di uno dei pescherecci sequestrati dai libici per 108 giorni, si è espresso in merito alla vicenda. «Rischiano ogni giorno la vita – spiega – ora hanno colpito il comandante e lo hanno ferito, spero non serva il morto per fare intervenire definitivamente il governo».

Il sindaco di Mazara del Vallo, Salvatore Quinci, ha invece dichiarato: «Qua la questione è sempre la stessa. Lo Stato italiano deve proteggere gli italiani, l’Italia si faccia sentire. Subito».

Il problema è tutto racchiuso in quest’ultima dichiarazione. Lo Stato italiano ha più a cuore i propri interessi in Libia o la vita dei pescatori siciliani? La risposta sta nei fatti come quelli di ieri.

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