Stati Uniti: la rabbia popolare abbatte i simboli coloniali

Stati Uniti: la rabbia popolare abbatte i simboli coloniali
Washington: di fronte alla Casa Bianca, i manifestanti hanno deciso di rimuovere la statua di Andrew Jackson, settimo Presidente degli Stati Uniti D’America.

 

Hey, Hey, Ho, Ho, Andrew Jackson’s got to go

Dopo l’uccisione del 46enne afroamericano, i manifestanti continuano a portare avanti la protesta. I dissidenti hanno deciso di prendere di mira una delle statue simbolo della nazione, quella del settimo presidente degli Stati Uniti, Andrew Jackson. Secondo gli attivisti del movimento Black lives matter, la statua esalterebbe a pieno la figura di un personaggio che ha causato la deportazione forzata dei nativi americani dalle loro terre.

 

Statue e colonizzatori

Le statue, negli Stati Uniti e non solo, sono diventate i bersagli della rabbia dei dissidenti che da un mese invadono le strade americane in nome di George Floyd e di tutte le donne e gli uomini vittime degli abusi di potere degli organi repressivi dello Stato. Assaltate, demolite in quanto simboli di personaggi che hanno rappresentano, nel corso della storia, razzismo e discriminazione.

L’ultima statua assaltata, in ordine temporale, è quella di Theodore Roosevelt. Il Museo di Storia Naturale di New York ha deciso di rimuoverla dal suo ingresso davanti a Central Park.

Oggetto di aspre polemiche anche le statue del generale sudista Robert Lee e quella di Cristoforo Colombo. Anche queste vengono considerate simboli del razzismo e della storia coloniale dell’America.

Quella di Jackson si trova a Lafayette Square, nei pressi dell’edificio presidenziale. Il Secret Service ha fatto immediatamente uscire tutti i giornalisti. La statua è stata legata con le fumi. La polizia è intervenuta cercando di disperdere i manifestanti con lo spray al peperoncino.

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