Musumeci e le «tare genetiche» della classe dirigente siciliana
Ieri si è tenuto un incontro online organizzato dalla neo ministra della Coesione sociale e del Sud, Mara Carfagna. Una rimpatriata aperta dai saluti del Presidente del Consiglio, Mario Draghi, e partecipata da illustri intellettuali, presidenti di Regione e sindaci. L’incontro aveva come oggetto «la ripartenza del Sud» – tanto per cambiare – e tra i relatori c’era anche Nello Musumeci.
Musumeci ne dice un’altra delle sue
Il nostro presidente anche in questa occasione non è riuscito a evitare di dirne una delle sue. Certo, non riuscirà mai a battere il suo record personale, quello ottenuto quando insultò i siciliani che contestavano la nomina del leghista Samonà ad assessore dei beni culturali e dell’identità siciliana. Ma c’è andato vicino.
Nei circa 15 minuti, poco brillanti, del suo intervento – il classico intervento inutile, pieno di giri di parole vuote, lagne e lamenti – c’è un passaggio che vale la pena riprendere e commentare, pregno della peggiore cultura autorazzista che la nostra classe dirigente è in grado di produrre.
Il presidente proprio all’inizio del suo intervento si rivolge alla Ministra pronto a porre delle domande, dicendosi sicuro della capacità di una «figlia del Sud» come lei di interpretare e comprendere – citiamo testualmente – «LE TARE GENETICHE che ci portiamo dietro».
E continua: «guai a dover dire che la colpa è sempre di Roma. La colpa è anche delle realtà locali, di un cultura che si è formata all’ombra dell’assistenzialismo e del clientelismo».
Dopo un sospiro profondo, scendiamo nel dettaglio. Il commento può essere diviso almeno in tre parti.
La prima, quella delle «tare genetiche che ci portiamo dietro». Non sono in malafede quanti, sentendo questa frase, hanno subito pensato a Vittorio Feltri. A quella volta in cui in diretta su rete 4 disse che i meridionali sono geneticamente inferiori. Peccato, però, che Vittorio Feltri è Vittorio Feltri e non ha bisogno di presentazioni. Mentre Musumeci è un siciliano che si è ritrovato a rappresentare i siciliani, a essere il presidente di tutti i siciliani.
La seconda, quella del «guai a dover dire che la colpa è sempre di Roma». Si è scordato di aggiungere che quelle poche volte in cui la colpa non è di Roma, è di rappresentanti istituzionali – come Musumeci stesso – che quando vanno a Roma o quando parlano con quelli di Roma, o devono semplicemente fare le cose per cui sono stati eletti, non contano un fico secco.
La terza, «quella dell’assistenzialismo e del clientelismo». Bisognerebbe intanto fare una distinzione. Perché con il clientelismo anche Musumeci – può fare il duro e puro quanto vuole – e tutti gli amici suoi, ci hanno costruito intere carriere politiche. Con l’assistenzialismo, invece, la gente che le istituzioni sono in grado di sostenere – o che non sono più in grado di sostenere con il clientelismo – ci campa.
Gli unici ad avere «tare genetiche» sono quelli come Musumeci. Quelli che negli ultimi 50 anni (almeno) hanno governato e svenduto gli interessi dei siciliani per qualche poltrona e un po’ di potere. Buoni solo a ripetere a pappagallo la favola del ponte, perché non sanno cos’altro dire. Una favola a cui solo gli stolti possono continuare a credere.