Tunisia: a 10 anni dalla primavera araba, scoppiano le proteste contro crisi e governo
In questi giorni si sono verificati duri scontri in alcune zone della Tunisia. Molti gruppi di giovani hanno lanciato appelli a manifestare contro le difficoltà economiche dovute alla pandemia e alla scarsa gestione del governo.
I giovani tunisini hanno chiamato la popolazione a manifestare, alla vigilia del decimo anniversario della Rivoluzione dei Gelsomini – la rivoluzione tunisina del 2010-2011 – che aveva segnato la cacciata del dittatore Zine el-Abidine Ben Ali e aperto le porte alla Primavera Araba.
I disordini hanno interessato le località di Cité Etthadamen – sobborgo popolare di Tunisi – Sidi Hassine, Sidi Thabet, Sousse, Hammamet, Sfax, Monastir e Tozeur.
Gli scontri
Forti scontri hanno caratterizzato queste piazze. I gruppi di giovani organizzati hanno bloccato le strade appiccando il fuoco e innalzando barricate. Lancio di sassi e gomme contro la polizia che, di risposta, ha provato a disperdere la folla con i gas lacrimogeni. Inutile il tentativo della polizia. Lo scontento popolare e la grave situazione economica e politica in cui si trova la popolazione tunisina ha avuto la meglio. I giornali e le forze politiche – come di consueto – hanno commentato gli eventi criminalizzando la violenza dei giovani. Nessuno, però, si è domandato a cosa fosse dovuto lo scontro con le forze dell’ordine.
Intanto ammontano a circa 242 gli arresti, molti giovani, anche minorenni, con accusa di vandalismo. «I gruppi di individui riunitisi ieri sera in diverse regioni del paese non avevano alcuna intenzione di manifestare pacificamente, ma il loro unico obiettivo era quello di distruggere o saccheggiare» – queste le parole del portavoce della Direzione generale della sicurezza nazionale, Walid Hakima. È sulla stessa linea il Ministro degli Interni tunisino: «Confondere le forze di sicurezza e disperdere i loro sforzi per compiere atti di saccheggio. Questo l’obiettivo degli incidenti avvenuti ad opera di gruppi di giovani in contemporanea ieri sera».
Ad aggravare la situazione è l’instabilità politica. Il premier tunisino, Hichem Mechichi, sta infatti lavorando a un rimpasto di governo. Dal Ministro degli interni a quello della sanità, ambiente, e industria. Ma anche su questo, tante sono le divergenze all’interno del parlamento.
La Primavera Araba
La Primavera Araba – movimento di proteste che ha coinvolto buona parte dei Paesi arabi nel 2011 – viene solitamente fatta coincidere con il suicidio di Mohamed Bouazizi, il giovane venditore ambulante tunisino che il 17 dicembre 2010 si diede fuoco per protestare contro la violenza della polizia.
Subito dopo questo eclatante gesto, si accesero numerose manifestazioni in tutto il paese segnate dalla forte opposizione al regime di Ben ‘Alī e dal malcontento popolare per la crisi generale dell’economia tunisina.
A seguito delle proteste, il 14 gennaio crollava il regime e si formava un governo provvisorio che apriva le porte a un processo di transizione democratica. In questo processo il ruolo decisivo è stato ricoperto dall’Alta autorità per il raggiungimento degli obiettivi rivoluzionari: la riforma politica e la transizione democratica costituita il 18 febbraio 2011 dalla fusione del Comitato per la protezione della Rivoluzione – il coordinamento tra le 28 organizzazioni che avevano partecipato alle proteste contro Ben Alì (tra le quali spicca il principale sindacato del paese, l’UGTT) – e i tre comitati tecnici nominati dal governo per la transizione (quello per le riforme politiche, quello d’inchiesta per gli eccessi e le violazioni nei “recenti eventi”, cioè le proteste di dicembre-gennaio e quello d’inchiesta sui casi di corruzione).
Nel mese di maggio 2011 si riaccesero di nuovo le proteste. Il popolo tunisino avvertiva che il processo democratico andava a singhiozzo e si decise quindi di ritornare in piazza.
Le proteste si allargarono a tutto il mondo arabo coinvolgendo: Egitto, Marocco, Libia, Siria, Yemen, Bahrein e il Golfo persico. I problemi per i quali si è scesi in piazza nel 2011 non sono stati risolti: disuguaglianze sociali e disoccupazione sono ancora piaghe ben avvertite al pari della corruzione – soprattutto se consideriamo i danni che ha provocato la pandemia globale da Covid-19.
Le necessità muovono le piazze
Nel corso degli anni il mondo arabo è stato scosso da scontri e proteste. A dieci anni di distanza, il malcontento è ancora vivo.
Di fronte alla criminalizzazione di media e politici vari, sempre pronti a puntare il dito, affermiamo invece che la lettura di queste proteste dovrebbe passare da un’analisi di cosa è cambiato nella società tunisina a un decennio dall’inizio della Primavera Araba. Quali sono state le risposte alle necessità della popolazione? Alle necessità dei giovani tunisini, i protagonisti di queste proteste, e che costituiscono la colonna portante della rivoluzione?
Le sollevazioni tunisine affondano le radici in problemi sociali ed economici non di poco peso per la Tunisia, ancora irrisolte.
La transizione dal sistema di potere oligarchico alla democrazia dei partiti ha mascherato, di fatto, tutte le problematiche sociali in nome della libertà dal regime. Si è passati a una visione della democrazia – tipica della sinistra occidentale – che sposta tutto il nodo politico sulla burocrazia e si allontana, sotto l’ala di una libertà illusoria, dalle esigenze del popolo tunisino. Siamo di fronte a una situazione politica ed economica in profonda crisi in cui lo Stato tunisino si ritrova indebitato fino al collo. Dieci anni fa la Tunisia era schiacciata dal regime oligarchico, oggi da una partitocrazia incapace di far fronte alle esigenze concrete e urgenti del popolo, dall’istruzione alla sanità fino alle riforme economiche.
Oggi come ieri, sono le necessità che muovono le piazze. E la voglia di riscatto è ancora viva.