La rivolta non si ferma e infiamma gli USA
Continua la rivolta negli Stati Uniti in nome di George Floyd. A distanza di quattro giorni dall’uccisione del 46enne afroamericano, il bilancio di oggi conta: un 19enne morto a Detroit, scontri davanti alla residenza presidenziale, un agente morto a Oakland e l’intervento dell’esercito per sedare la rivolta.
Gli scontri davanti la Casa Bianca
Il livello del conflitto continua a crescere dopo l’incendio del commissariato di polizia nella città di Minneapolis. La rivolta si è diffusa velocemente in tantissime altre città americane e infiamma sempre di più col passare delle ore. Nella notte, a Washington, nei pressi della Casa Bianca, si sono verificati scontri tra i manifestanti e il Secret Service. La durezza degli scontri ha costretto i servizi segreti a prendere una decisione importante: chiudere la residenza e l’ufficio principale del Presidente degli Stati Uniti. Centinaia di persone sarebbero riuscite a superare la cancellata, ritrovandosi faccia a faccia con le guardie armate e i cani della sicurezza.
Spari sulla polizia
Più di settemila persone sono scese in strada a protestare per la morte di George Floyd. Diversi poliziotti sono tornati a casa gravemente feriti; alcuni riportano ferite da arma da fuoco. Nel bel mezzo delle fiamme, tra gli scontri e gli assalti alle stazioni di polizia, un agente del Servizio di protezione federale di Oakland, in California, è deceduto.
La polizia non riesce più a contenere le rivolte. I manifestanti stanno cacciando i poliziotti dai commissariati, costringendoli a fuggire in elicottero dai tetti.
Non sono mancate contestazioni anche a New York, dove i mezzi della polizia sono saltati in aria. La sede dell’emittente televisiva statunitense, CNN, è stata assaltata e un gruppo di poliziotti è stato colpito dall’esplosione di una bomba carta lanciata da un manifestante.
L’intervento dei militari
A seguito dei fatti di Minneapolis il Pentagono ha allertato i reparti di polizia militare. La National Guard del Minnesota rafforzerà la propria presenza nella città schierando, entro domani, 1700 soldati. L’annuncio è stato lanciato dal generale Jon Jense.
Anche qui, nella mattinata, colpi d’arma da fuoco sono stati sparati contro gli agenti di polizia nei pressi del quinto distretto. È evidente che, per le forze dell’ordine, la situazione è diventata incontrollabile. È in questi casi che lo Stato perde ulteriormente legittimità. Questa volta l’abuso di potere ha innescato una rivolta che adesso sfugge al suo controllo.
Avanti Minneapolis!